Sardegna: Le province, il mercato delle vacche e il tempo di immaginare nuove forme di partecipazione democratica

Quasi 800.000 euro l’anno. Ecco il conto che la giunta sardo-leghista presenterà martedì 9 marzo - data fissata per l'ultima approvazione in Consiglio regionale - ai Sardi e alle Sarde. Ed è solo la parte più visibile dei danni connessi alla restaurazione delle otto vecchie province, abrogate con referendum popolare nel maggio 2012. Due di esse, in realtà, saranno Città metropolitane. La Lombardia, per fare un raffronto, con oltre sei volte più abitanti, ha solo quella di Milano. Il record è della Sicilia con ben tre. La specialità si paga cara. A carico dei bilanci regionali, naturalmente. 

In Sardegna saranno entità composite, contenitori di decine di comuni. Ed è inevitabile: l'estrema varianza degli interessi, in assenza di legge elettorale, porterà certamente grandi conflitti, come già si osserva in casi analoghi italiani e nelle prime reazioni sul territorio sardo. Un “vizietto”, quello della produzione di nuovi enti, che la giunta Solinas aveva già manifestato con la moltiplicazione delle aziende sanitarie locali, arrivate ad otto, con relativi staff dirigenziali a carico dei contribuenti. In totale, dunque, si arriva a sedici enti di governo del territorio per un territorio che arriva a poco più di un milione e seicentomila abitanti. Senza contare Enti di gestione delle acque, Autorità portuali, enti di sottogoverno, società partecipate, etc… La Sardegna, più che governo produce governi. 

Una controriforma che arriva mentre il governo nazionale, che presumibilmente confermerà il Piano Sud, inizia a valorizzare le reti di città medie, vera innovazione della precedente Giunta di centrosinistra, a guida dell’economista Francesco Pigliaru. Già, perché non c’è bisogno di creare nuovi enti per fare nuove politiche. Esistono tutti gli strumenti normativi necessari: si chiamano accordi di programma, unioni di comuni, etc… Sono strumenti “leggeri” ed intelligenti, adattabili, poco costosi. Il contrario di nuovi pachidermi burocratici. Lo dimostrano molti casi d’innovazione amministrativa a livello europeo. In Sardegna, invece, la struttura arriva prima delle politiche che dovrebbe gestire. Non serve spiegare a chi questo faccia comodo, è noto. Non certo ai cittadini e alle cittadine che più volte si sono pronunciati in senso opposto.

Che succede però nell’Isola riguardo alla recente controriforma degli enti locali? Gli anglosassoni lo chiamano logrolling. In Italia, invece, è più noto come mercato delle vacche. La vicenda parte dall’antica rivendicazione di autonomia della Gallura, già ottenuta nei primi anni Duemila e poi rientrata in seguito alla legge Delrio ed al discusso referendum sardo che, nei fatti, le abrogò tutte. La Provincia Gallura, senza i voti di altri territori in Consiglio, non avrebbe i numeri per passare ed ecco che si scatena il mercato consiliare. Le richieste del nord est passano solo se vengono accontentati il Sassarese che chiede la Città metropolitana, l’Ogliastra ed il Sulcis che rivogliono l’antica provincia abrogata ed infine, buona ultima, la Città metropolitana di Cagliari che alcuni vorrebbero più ampia. Tutto questo non parte da alcuna analisi sull’attuazione della vigente legge 2 del 2016, non ha un disegno organico ed è profondamente fallace nei presupposti.

Non è da uno scambio di stampo mercantile senza un chiaro intento riformatore che potrà emergere un disegno intelligente per il governo locale della Sardegna. E non è nemmeno il momento di terremotare gli assetti esistenti. Uno stravolgimento dell’organizzazione della pubblica amministrazione, infatti, farebbe perdere tutti i punti di riferimento fino ad ora faticosamente costruiti ed indispensabili per ancorare la spesa della parte residua dei fondi strutturali 2014-2020 e 2021-2027, oltre ai programmi New Generation Europe ed al Recovery Plan. Cambiare oggi l’organizzazione del governo locale in Sardegna, di fatto, significa interrompere il flusso di risorse che deve arrivare ai territori sardi, decretandone il definitivo crollo.

Ai territori non arriverà il personale, che dovrebbe essere ceduto dalla Regione, dalle Province esistenti, dalle Unioni di Comuni o dai Comuni stessi, in primo luogo. E’ altamente improbabile che questo accada, stanti le difficoltà che queste amministrazioni già hanno. Assumerne di nuovo sarebbe impossibile ed economicamente folle, se non in minima misura. Inoltre le nuove province avrebbero pochissime funzioni (strade e scuole, com’è noto, dopo la Legge Delrio) e risorse insufficienti a gestirle. Il processo di trasferimento delle altre (programmazione, formazione, turismo) richiede una riforma della normativa nazionale ed un lentissimo trasferimento dal livello regionale presso il quale sono oggi allocate. In breve le nuove Province diventerebbero un contenitore senza contenuto in cui le spese del personale non giustificano le funzioni gestite.

Un discorso a parte meritano le nuove, ampie, Città metropolitana di Sassari e Cagliari che presentano numerosissimi elementi di contraddizione e fallacia. Innanzitutto i rapporti fra i territori: una Città metropolitana a 66 (o 71) comuni è in sostanza una Provincia senza legge elettorale. Un’aggregazione di interessi non regolati nella quale a comandare è il solo Sindaco metropolitano, cioè il Sindaco del Capoluogo, com’è evidente da casi analoghi italiani.

E se questo può solleticare lo sciovinismo territoriale, è del tutto evidente che andrebbe a danno dei territori interni e più fragili, oggi meglio tutelati dalle Unioni di Comuni che lavorano su basi di cooperazione fra eguali ed hanno finanziamenti specificamente dedicati. Altrettanto fallace è l’argomento delle maggiori risorse che al territorio arriverebbero, i dati della scorsa programmazione lo dimostrano ampiamente. 

Al buon governo del territorio servono partecipazione, nuove idee e professionalità adeguate, non nuovi enti. Ma questo è quanto occorre ai cittadini e alle cittadine. Che ad una certa politica, si sa, poco interessano.
 

Marco Cappato - Presidente Eumans

Stefano Sotgiu - Presidente Civica - Esperto di politiche pubbliche e membro del Comitato Politici Per Caso